Intercapedine e sollecitazioni

coppi sul tetto

Giusto spazio

Ogni estate mi dico che durante le vacanze di agosto avrò tempo per fare chissà quante cose. Le enumero nella testa, permetto alle tante sollecitazioni che ricevo di balenarmi davanti agli occhi e immagino di poter dedicare a ciascuna di esse il giusto spazio.

Poi mi fermo a riflettere e mi domando cosa io intenda per “giusto spazio”.

Assumiamo pure che si tratti di una sollecitazione interessante, così fosse, dovrei avere chiaro in mente un obiettivo.

Ad esempio

Ad esempio, mi dico che potrei imparare a memoria una canzone in inglese (e la canzone nello specifico era Way back when). Così potrei migliorare la comprensione nell’ascolto del parlato.

E insieme a quello, mi viene in mente di un’altra sfida con me stesso: scrivere un post al giorno sul mio blog, in modo da esercitarmi nell’arte della scrittura, della riflessione su argomenti diversi, magari estemporanei. Spunti raccolti dal quotidiano, non importa quanto intensi o banali, spunti sui quali far scendere il pensiero in verticale, per dei minuti, senza interruzioni. E questo per giustificare (chissà) il fatto che io non scriva dal 7 luglio, un mese da oggi, un eternità, un lasso di tempo che su internet significa essere di fatto scomparsi.

Non solo

Non solo, c’è il tempo di scrivere non solo su internet, ma anche sulla benedetta carta, ad una delle amicizie lontane, perché la penna sul foglio mi piace e i pensieri sul foglio si distendono in un modo tutto particolare. La mano fa da filtro, quella mano che traduce l’immateriale in forma fisica, un filtro soggettivo che dona sfumature legate alle tensioni del corpo di quel dato momento specifico. Dal giornalaio compro un francobollo da tenere nel portafoglio, non si sa mai che non rappresenti un ulteriore sollecitazione a mettermi di impegno.

Di certo, non posso poi non leggere libri e fumetti, ed essendo questa una attività più semplice da avviare, lo faccio, in maniera compulsiva, tale addirittura da iniziare e finire ieri Vento del sud di Elmar Grin.

E certo non mi sfugge che da poco ho poi terminato di leggere anche Si dubita sempre delle cose più belle, pagine che ho distillato in mesi e mesi, al termine delle quali mi ero ripromesso di scriverne qui. Non capita tutti i giorni di entrare tramite un fitto epistolario nella vita amorosa e non di Federico De Roberto. Ancora non ne ho scritto, però. Mi dico che devo mettermi lì, concentrato, con del tempo davanti, e fino ad ora ciò non è avvenuto.

Alla fine dei conti

Insomma, mi rendo conto di infittire la mente con tanti di quei propositi, da non avviarne quasi nessuno. L’unica eccezione sarà forse scrivere sul mio blog, senza però che sia avverato quello di scrivere ogni giorno, non ne avrò la costanza e forse neanche la voglia.

Dovrei mettere in ordine tutto questo elenco, neanche esaustivo, e trovare la cosa più importante,quella più vicina ai desideri forti.

Uno di seguito all’altro, come tegole di coccio, ad assorbire l’energia del sole, nelle stagioni che si susseguono lente e inarrestabili, senza che il vento le faccia volar via, al più carezzarle o schiaffeggiarle, non avendo il vento motivi di violenza inaudita, almeno finora.

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